Con quale autorità?
8 aprile 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 11,27-33
In quel tempo Gesù e i discepoli, 27andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani 28e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farle?». 29Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. 30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 31Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: «Dal cielo», risponderà: «Perché allora non gli avete creduto?». 32Diciamo dunque: «Dagli uomini»?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. 33Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Gesù è entrato di nuovo a Gerusalemme. E i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani, già turbati dalla sua entrata in modo trionfante e umile nella città (cf. Mc 11,1-11), ancora più turbati dal suo comportamento nel tempio in cui aveva cacciato i venditori e i cambiavalute (cf. Mc 15-19), si avvicinano a lui.
Gesù ha già predetto ai suoi discepoli il suo destino di Messia. E ora si apre un’altra serie di cinque polemiche contro di lui. La vita pubblica di Gesù è racchiusa tra due serie di polemiche, non a caso polemiche sulla Legge (cf. Mc 2,1-3,6) e qui sull’autorità, sul potere.
In questo modo, con le sue parole e il suo atteggiamento, Gesù continua il suo insegnamento nei confronti dei suoi discepoli (e quindi di noi): ci ricorda di guardarci da quella logica che ci impedisce l’adesione al Vangelo e al riconoscimento della sua gloria messianica. “La buona notizia” è per chi è disposto ad accoglierla.
Ed ecco il brano di oggi. Siamo di nuovo nel tempio, e di nuovo i sommi sacerdoti, gli scribi gli anziani, le massime autorità religiose del tempo, cercano il modo di poterlo cogliere in fallo. Sperano che da lui escano parole di autodifesa e di accusa contro di loro, contro la Legge o il tempio, in modo da poterlo denunciare. Si capisce che già progettano la sua prossima morte violenta.
“Con che autorità fai queste cose? Chi ti ha dato autorità di farlo?” (v. 28). Si riferiscono ad un’autorevolezza che il popolo già gli riconosce e Gesù, anziché rispondere, pone loro un’altra domanda da cui potrebbe scaturire la verità e la risposta alla loro questione. Chiede loro l’origine del battesimo di Giovanni, chiede loro del suo insegnamento, del segno che egli è, li rimanda alla Scrittura. Chiede loro di prendere posizione liberandosi dalle loro paure e mettendosi in discussione. Li provoca ad avere un loro pensiero che ritengono vero e a prendere la loro responsabilità, senza farsi travolgere e chiudere dalle emozioni che vivono.
Loro invece sono preoccupati di salvaguardare le loro idee e il loro potere, vedono solo se stessi. Il timore e la paura li bloccano e non vogliono ascoltare Gesù, non cercano nelle Scritture la verità. Non vogliono incontrarlo veramente, mentre occorre riconoscere che la vita la sperimentiamo nell’incontro, lasciandoci interrogare e mettendoci in questione dalle parole dell’altro.
Si preoccupano di salvare la loro “autorità” e ragionano tra loro su cosa rispondere. Ed ecco la risposta: “non lo sappiamo”. È l’affanno di salvarsi non esponendosi, ma è menzogna perché di fatto loro sanno cosa pensano di Gesù… Lo hanno già espresso quando lo hanno accusato di scacciare i demoni per mezzo del principe dei demoni (cf. Mc 3,22).
E allora Gesù li lascia ai loro pensieri contorti, non gli dà la risposta che cercavano per poi accusarlo. Gesù non si impone con la sua verità ma li rimanda alla loro libertà svelando di fatto tutta la loro indisponibilità. Li aveva rimandati al segno che avevano visto, come noi siamo nella nostra fede rimandati a tanti segni.
La fede non la possiamo dimostrare, ma ci sono infiniti segni nella nostra vita che rimandano oltre e la libertà di Gesù è davvero il più grande segno che dovrebbe spingerci a credere.
sorella Margherita