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The transfigured Christ in the Orthodox spiritual tradition
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Non è un caso che il racconto della Trasfigurazione sia collocato dai Vangeli durante l’ascesa di Gesù a Gerusalemme, in un contesto di passione annunciata ai discepoli. Lo ha ben compreso la liturgia della Chiesa d’Oriente, che nel kondakion della festa canta: “I discepoli, per quanto ne erano capaci, contemplavano la tua gloria, Signore, affinché nell’ora della croce comprendessero che la tua passione era volontaria”. Gregorio di Nazianzo vide giustamente nella Trasfigurazione la sintesi del Vangelo, l’annuncio dossologico del mistero pasquale: annunciato davanti alla Chiesa, raffigurata da Pietro, Giacomo e Giovanni, e davanti all’Antico Testamento, la Legge e i profeti, apparsi a condividere la gloria del Figlio.
Ecco perché la Trasfigurazione è un mistero centrale nella fede cristiana, caparra della resurrezione e profezia della trasfigurazione di ogni carne in Dio. Sin dal primo millennio le Chiese hanno sentito il bisogno di celebrarlo, di renderlo eloquente nella dinamica della vita spirituale. Al cammino che uniforma la vita cristiana al mistero contemplato nella Trasfigurazione, è stata dedicata la seconda giornata del Convegno, che a partire dalla riflessione dei padri (con le riflessioni proposte da Ramy Wannous su Giovanni Damasceno e Ilarion Alfeev su Simeone il Nuovo Teologo), ha indagato l’evoluzione del tema negli autori ascetici del medioevo bizantino (come Gregorio il Sinaita studiato da Antonio Rigo) e latino (con la relazione di p. André Louf su Guigo II il Certosino), fino alle soglie della controversia palamita (grazie al contributo di Ioannis Polemis).