Conclusions du Colloque

 

Sin da subito il nostro convegno ha così rinunciato a leggere le coordinate di “comunione e solitudine” secondo uno schema predefinito da semplificazioni storiografiche quali “eremitismo” e “cenobitismo”, che riducono una dinamica esistenziale e spirituale in continua interrelazione (l’arcivescovo Ieronimos ha parlato di “circumsessione” nel suo messaggio) all’incongruente contrapposizione di tipi astratti (i cenobiti, gli eremiti). La concretezza del vissuto umano chiede invece che anche l’esperienza comunitaria sia costruita come un tutto strutturato secondo natura, dove il germe logikós seminato nell’uomo (è ancora un’idea di Basilio) conduce al completamento dell’opera creativa di Dio nella bellezza e nella bontà della vita in comunione. Nell’etologia basiliana, l’uomo è naturalmente un essere koinonikós, a differenza del leone, per sua natura animale solitario, monastikós

Solo un’autentica antropologia cristiana può in tal modo aprire uno spazio di comprensione del fenomeno monastico e delle oscillazioni stesse della spiritualità cristiana tra vita solitaria e vita in comune, con sfumature e modalità diverse in Oriente e in Occidente.  Lo studio diacronico di questa polarità (comunione/solitudine) in contesti dissimili, ha fatto emergere abbastanza chiaramente l’arbitrarietà di schemi classificatori astratti (eremo/cenobio) applicati rigidamente a una realtà spirituale viva e fluida.

Poco fa il metropolita Kallistos ci ricordava come nel monachesimo orientale non esiste una netta linea di demarcazione tra vita in comunità e vita eremitica, ma proprio questo confine fluido e poroso è segno di “arricchimento e benedizione”. L’indissolubile circolarità tra le due dimensioni ? lo abbiamo sentito nei primi giorni del nostro convegno ? è in effetti al cuore stesso del monachesimo bizantino e russo; il legame tra ricerca personale di Dio e apertura a una comunione cosmica è addirittura centrale in un padre fondamentale per la spiritualità dell’oriente come dell’occidente cristiani: sant’Isacco il Siro.