La via in noi
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11 gennaio 2025
Lc 3,1-6
1 Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate isuoi sentieri!
5Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
L’introduzione del nostro brano colpisce per la sua solennità: viene menzionato il potere politico del tempo, i governatori di varie regioni, e anche il potere religioso a Gerusalemme. È la grande storia, dove in filigrana emerge la corruzione, il degrado politico e non solo.
Le regioni elencate sono infatti sotto il dominio romano e l'elenco dei nomi dei grandi della terra ci rimanda a nomi che ritroveremo durante la passione di Gesù. Si parla inoltre di due sommi sacerdoti, anziché uno: emergono i sotterfugi di chi di fatto ha lasciato ufficialmente il potere ai suoi eredi, mentre continua a gestirlo.
Ed ecco che in questo grande e squallido contesto la parola di Dio, la risposta di Dio alle vicende dell’uomo, scese su Giovanni, non nel tempio ma nel deserto. Dalla storia universale si passa alla storia di un popolo, il popolo di Dio, di un uomo di Dio, che annuncia la salvezza per tutte le genti.
Giovanni agisce per dare concretezza alle parole della Scrittura, alle parole di Isaia, diventa la voce che grida nel deserto. La Parola diventa voce e cerca ascoltatori. È la buona novella che raggiunge l’uomo nel deserto, nei suoi deserti dell’anima dove può accadere un cambiamento, un movimento alla portata di tutti perché è il Signore, non l’uomo, che opera la salvezza.
Giovanni predica un battesimo per il perdono dei peccati. Non è solo un rito, una purificazione. L’uomo da solo non può annullare il suo peccato e neppure deve farlo. All’uomo, a ciascuno di noi, spetta il riconoscimento del nostro errore, del nostro limite, della nostra fragilità. Ma questo deve avvenire nell’esperienza che possiamo fare di Dio che è amore e che ci perdona, aprendoci al cambiamento, indicandoci le sue vie. Solo così, facendo esperienza di Dio come amore, possiamo liberarci dal senso di colpa che ci chiude, ci inibisce, ci impedisce di vivere.
A noi spetta il compito di preparare la via cambiando noi stessi, riconoscendo le nostre tortuosità che ci impediscono di procedere, che ci bloccano. Colmando il baratro della nostra paura che ci impedisce di vedere sia noi stessi in verità sia gli altri e anche l’azione di Dio nelle nostre vite, nelle nostre comunità, nella nostra storia. Orgoglio e disperazione: ecco il terreno in noi da appianare con l'aiuto di Dio che abbassa gli orgogliosi ma innalza gli umili.
Allora si aprono nuove vie, nuovi stili di vita che pongono la nostra attenzione a come viviamo e ci liberano dal sentirci obbligati a fare cose per noi impossibili. Si tratta di raddrizzare le vie, non perdersi in dubbi, timori, ma seguire la via del Signore, orientati giustamente: non è la nostra via ma la sua via che ci dona la libertà.
Mi tornano in mente le parole del salmo 84: “Beato chi trova i tuoi sentieri nel suo cuore”. È proprio in noi che possiamo trovare la via giusta da percorrere, grazie alla parola di Dio che ci illumina.
Il brano si chiude con questo grande respiro: “Ogni carne vedrà la salvezza di Dio” (v. 6). Chiunque fa esperienza della propria fragilità, della propria debolezza, di fronte all’amore del nostro Dio troverà la salvezza.
sorella Margherita