Un uomo tenacemente di pace - Ricordo di Jim Forest
“Jim ha avuto un anno molto difficile con molti problemi medici: [venire a Bose a giugno con gli amici Ellsberg e Lipsey] è un’idea meravigliosa, ma è impossibile per noi sapere come starà Jim a giugno e se sarà in grado di viaggiare. Ma sta lavorando duramente in fisioterapia e sta facendo progressi incredibili, quindi siamo fiduciosi… Nancy”. “Grazie al cielo ora sono tornato a casa e sto gradualmente tornando a essere qualcosa di simile al mio vecchio me stesso, ma ho un sacco di cose da recuperare… Jim”.
Sono i messaggi che abbiamo ricevuto da Jim Forest e da sua moglie Nancy tra novembre e dicembre scorsi, in occasione dell’ottantesimo compleanno di Jim. Giovedì scorso Jim Forest ha intrapreso un altro viaggio, presentandosi al Signore che aveva tanto cercato con tutto se stesso durante una vita intera. A noi lascia “un sacco di cose” per cui rendere grazie di averlo conosciuto.
Non solo e non tanto a noi, fratelli e sorelle di Bose, ma ad amici e lettori un po’ in tutto il mondo: giustamente Giulia Galeotti su L’Osservatore romano ha ricordato che Jim Forest “con delicatezza, passione e grande profondità, ci ha fatto conoscere giganti del Novecento come Dorothy Day, Thomas Merton e Daniel Berrigan”. Ma Jim ha fatto qualcosa in più che farceli conoscere: ce li ha fatti amare, proprio perché a sua volta li aveva amati. Giovanissimo inizia a collaborare con The Catholic Worker di Dorothy Day, entra in contatto con gli ambienti pacifisti degli USA, obiettore di coscienza è attivo in tutte le iniziative contro la guerra in Vietnam e, ancor più in profondità, in ogni occasione in cui ci si impegna per la pace.
Lo abbiamo accolto per la prima volta a Bose nel 2004 in occasione di un Convegno dedicato al suo amato Thomas Merton – quando già era dirigente della Orthodox Peace Fellowship: in quell’occasione nacque una fraterna amicizia e ci parlò dell’imminente uscita – a trentacinque anni dalla scomparsa dell’autore… – del libro di Thomas Merton sulla pace, con una sua prefazione. Iniziò allora a frequentare assieme alla moglie Nancy i nostri Convegni di spiritualità ortodossa, interessandosi sempre più anche al nostro lavoro editoriale: seguì con gioia la pubblicazione dell’edizione italiana del libro di Merton La pace nell’era postcristiana e venne a presentarla al Festivaletteratura di Mantova nel 2006, in dialogo con l’amico Paolo Giuntella. Successivamente sostenne la traduzione di una sua opera, Amare i nemici, e accettò poi con entusiasmo di scrivere un’apposita introduzione alla nostra antologia di testi dedicata a I cristiani di fronte alla guerra. Ancora recentemente ci aveva suggerito di pensare alla traduzione della sua biografia di Dorothy Day.
Quando papa Francesco nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti il 25 settembre 2015 volle onorare Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton – “uomini e donne [che] ci offrono una possibilità di guardare e di interpretare la realtà [ed essere] stimolati, anche in mezzo a conflitti, nella concretezza del vivere quotidiano, ad attingere dalle nostre più profonde riserve culturali” – telefonammo a Jim per chiedergli cosa provasse nel sentire citare in diretta dal papa come esempi e ispiratori tre personaggi con cui lui aveva collaborato per anni, incontrando anche ostilità da parte della Chiesa stessa. Commosso rispose semplicemente: “Ora non saprei dirti: sto ancora piangendo!”.
Ci piace ricordarlo così: un uomo tenacemente di pace, un mite risoluto, pronto a pagare di persona purché la buona notizia evangelica della pace potesse trovare un cammino fecondo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo.