Vendredi saint
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Ma Giovanni dice, e lo dice chiaramente, che questa sofferenza è un’epifania di violenza umana. Stiamo attenti, perché nel nostro immaginario in cui prevale più l’emozione che la comprensione dovuta all’intelligenza spirituale, noi assimiliamo alle sofferenze, alla passione di Gesù ogni sofferenza umana. Ma Gesù non soffre a causa della natura; la sua passione non è a causa della malattia, neanche a causa di catastrofi che producono delle vittime e in cui il dolore umano – lo conosciamo bene – è un dolore terribile. Gesù nella sua passione soffre della violenza di cui gli uomini sono capaci: questo non dovremmo dimenticarlo. È certamente terribile soffrire per la malattia, soffrire l’agonia in vista della morte, soffrire perché si è vittime di calamità naturali. Ma Gesù qui soffre perché c’è stata falsità di un fratello fino al tradimento, perché c’è la malvagità degli uomini che si scarica su di lui, c’è un’oppressione ingiusta, una sentenza ingiusta. Questa è la passione di Gesù. La sofferenza di Gesù non è dovuta alla sua condizione umana per la quale tutti soffriamo, per la malattia, per la debolezza o per la morte. La sua sofferenza è dovuta a una precisa responsabilità dei capi religiosi di Israele e a una precisa responsabilità del potere politico di Pilato, sempre pronto a farsi complice del potere religioso ogni volta che teme qualcosa. Questa sofferenza è dovuta alla gente, alla sua gente, alla gente di Gesù che ha gridato: «Crocifiggilo!». La passione di Gesù è una sofferenza per la cattiveria, la falsità di noi uomini. Noi siamo uomini come lui, ma la sua sofferenza non è semplicemente la sofferenza creaturale, è la sofferenza di chi vede scaricarsi l’odio, la cattiveria, la falsità, l’inimicizia degli altri su di lui.
Giovanni mette anche in evidenza – ed è un ulteriore aspetto – come in questa strettoia della passione Gesù ha saputo vivere senza rispondere, senza opporre violenza alla violenza. Lo avete sentito, si è difeso, ma si è difeso con grande razionalità e senza aggressione, senza violenza. «Se ho detto male, dimmi dov’è il male, dimostramelo. Ma se ho detto bene, perché mi percuoti?». Gesù aveva il diritto, come ogni vittima, di dire: «Perché? Cosa ho fatto di male?», ma Gesù si è fermato qui. L’unica preoccupazione di Gesù che si comprende tra le righe della passione era quella di non fare nulla contro la volontà del Padre, contro l’amore di Dio. Per questo risponde nella verità quando lo interrogano, ma si afono, si fa muto quando invece non può rispondere con amore. E accetta di ricevere la violenza su di sé, di assorbirla. Gesù sa di essere la vittima, il capo espiatorio, ma vuole interrompere la violenza, l’ingiustizia, e l’unica possibilità è patirla.