Témoignage et martyre dans la Bible
Conclusione. Testimonianza e martirio dei cristiani
Ha scritto Bruno Maggioni: «Il martire non sceglie la morte, ma un modo di vivere, quello di Gesù». Ecco ciò che contraddistingue il martire cristiano, la sua radicale specificità. È sotto questa luce che possiamo ripercorrere per sommi capi la testimonianza data dai credenti in Gesù Cristo, quale ci è presentata dal Nuovo Testamento:
- Stefano che prima di morire, a imitazione del suo Signore, chiede a Dio il perdono per i suoi carnefici (cf. Lc 23,34; At 7,60);
- Giacomo, fatto uccidere di spada dal re Erode (cf. At 12,2), nipote di quell’Erode che aveva perseguitato Gesù (cf. Lc 23,7-12);
- Pietro, «testimone (mártys) delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi» (1Pt 5,1);
- Paolo, che nella fede esclama: «Portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,10);
- Antipa, che nell’Apocalisse è definito da Cristo «il mio fedele testimone» (ho mártys mou ho pistós: Ap 2,13); infine, sempre nell’Apocalisse, la moltitudine di «quelli che vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,14), «che hanno vinto l’Accusatore grazie al sangue dell’Agnello e alla parola del loro martirio (ho lógos tês martýrias autôn)» (Ap 12,11).
Dove la memoria di Cristo si fa autentica ed efficace, là il cristiano deve sapere che diventa possibile bere il calice della morte violenta, come Gesù aveva preannunciato a Giacomo e Giovanni (cf. Mc 10,38). Il martirio non è un progetto per cui tramare, non è neppure un progetto di santificazione propria, ma è un puro dono di Dio in Gesù Cristo. Sempre vale la pena di vivere e di morire per Gesù, e il martirio è l’atto per eccellenza attraverso cui il cristiano depone la sua vita per Cristo, è l’evento puntuale attraverso cui testimonia che egli appartiene solo al suo Signore, che l’amore di lui e per lui vale più della vita (cf. Sal 63,4). Sì, come scriveva Ignazio di Antiochia nel suo cammino verso il martirio:
Allora sarò veramente discepolo del Signore, quando il mondo non vedrà più il mio corpo, perché nel martirio comincerò ad essere discepolo (cf. Ai romani IV,3; V,3).
Enzo Bianchi
Priore di Bose