L'avvicinarsi del Regno
10 marzo 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 4,17-25 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù 17Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. 24La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. 25Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
In questi primi giorni di Quaresima riascoltiamo l’inizio del ministero di Gesù, “quando seppe che Giovanni era stato arrestato” (Mt 4,12). È a questo evento che si riferisce l’espressione “da allora” che apre il nostro brano: il fatto che Giovanni Battista venga arrestato diviene un segno per Gesù che, dopo essere stato battezzato da lui e dopo aver affrontato le tentazioni nel deserto, raccoglie e dà carne all’invito alla conversione.
Quella “voce che grida nel deserto” diviene in Gesù parola incarnata, diviene annuncio del regnare di Dio nella sua stessa persona.
L’inizio della predicazione di Gesù è un invito alla conversione, senza minacce. È un invito di gioia, un ritornare a Dio perché Dio possa regnare su ciascuno e su tutti, sulla storia intera. E la motivazione del suo annuncio è: “perché il regno dei cieli è vicino”. È vicino il riconoscere il regnare di Dio sulla storia, chiede di approssimarsi in noi, di lasciargli spazio, noi che siamo sempre così pieni di cose da fare, così di fretta, così privi di tempo.
Ma di che cosa è fatta la nostra vita?
Proviamo ad ascoltare nuovamente il Signore Gesù che ci viene incontro chiedendoci di alzare lo sguardo dal nostro ombelico, di allargarlo. Di convertirlo secondo il cuore di Dio. Si tratta di provare a conoscere come Dio guarda, imparare dal suo sguardo, uno sguardo che non resta relegato lassù “nei cieli”. Viene dai cieli nel senso che è “altro” rispetto al nostro, ma scende fin giù sulla terra, nella terrosità dei nostri vissuti, nelle pieghe della nostra umanità.
Uno scorcio di questo sguardo di Dio ci è offerto in Gesù stesso che “vede”. La buona notizia dell’avvicinarsi del Regno dei cieli, ossia di Dio, prende subito forma con la chiamata dei primi discepoli, con il radunarsi attorno a Gesù per seguirlo. Così inizia a raccontarci di che pasta è fatto il regnare di Dio: Gesù che cammina e si accorge delle persone nel loro quotidiano, lì dove sono, nel loro duro lavoro. Si accorge, li vede con uno sguardo che crea legami.
Gesù chiama due coppie di fratelli, nei loro legami familiari e lavorativi. Li chiama a seguirlo. Ed essi “subito” lasciano tutto, le reti, il padre, e lo seguono. Quella parola li chiama a compiere il loro stesso essere: da pescatori a “pescatori di uomini”. Quello che loro già sono è visto e riconosciuto e con Gesù è chiamato a dilatarsi.
E lo sguardo di Gesù si espande a “tutta la Galilea”. L’attenzione è posta su tre verbi: insegnare, annunciare, guarire. Gesù insegna, ossia fa segno all’approssimarsi del regno dei cieli, diviene lui stesso segno e presenza. Gesù annuncia con la sua parola la buona notizia del regno, il regnare di Dio che è buona notizia. E insieme Gesù guarisce “ogni sorta di malattia è infermità”: la sua presenza, la sua parola diventa liberazione dai lacci mortiferi del male.
Grandi folle iniziano a seguirlo. Il racconto continuerà con le beatitudini, forse perché lo sguardo che comincia a convertirsi sia ben orientato secondo le logiche del regno che è e resta di Dio, non nostro. Non è nostro ma è in noi che può rendersi vicino.
sorella Silvia